Passeggiando
per i vicoli di una Nizza estiva e piena di vita ricordo di essermi accucciata
presso la saracinesca abbassata di un locale, attirata da un libro dimenticato
volontariamente sul gradino di pietra. 'L'esilio della parola' recava come
titolo. Lessi le prime pagine nella penombra di quella via punteggiata da
colori ed esse mi tornano alla mente adesso. La società attuale avrebbe
svuotato le parole del loro senso tanto che queste non avrebbero più nulla da
dire, e soprattutto le avrebbe private dell'effetto emozionale che ogni
parola o concetto dovrebbe portarsi dietro: spiazzare, cambiare, mutare,
stupire.
Le parole si consumarono. La loro esistenza millenaria rese meno vivide col
passare del tempo le associazioni di immagini che il loro suono risvegliava
nella mente di chi riuscì a verbalizzare un concetto. Ed ecco spiegata la
comparsa di titoli come quello citato prima, segnali di una crisi profonda,
essendo il linguaggio parte essenziale della nostra vita cosciente.
Una parola nasce dall’esigenza di veicolare un concetto, di renderlo
condivisibile e un concetto scaturisce da una mente realizzata, nel
senso di essersi fatta ‘res’ nel fluire della storia e hegelianamente una
determinata parola è quasi condannata a nascere in seno a un determinato
popolo.
Il termine ‘struttura’ ha origini latine, è un sostantivo ottenuto dal
participio perfetto del verbo struĕre, il cui significato principale è quello di costruire e ordinare. E il fatto che essa abbia
fatto la sua prima comparsa in seno al popolo Romano è rivelatore della profonda
connessione che intercorre tra il linguaggio di una comunità e la mentalità
stessa di questa, come le parole scelte da un poeta rivelano l'io lirico che vi
sta dietro, la miriade di immagini che solo egli vede in virtù della sua
psiche. L'imperium sine fine, appellativo con cui i Romani stessi si riferivano
al proprio Impero, raggiunse un'espansione senza pari anche grazie alla semplicità
negli spostamenti resa possibile da una fitta rete stradale. Un popolo di
architetti e costruttori, si pensi agli acquedotti intorno all'Urbs, la cui
mentalità è icasticamente riassunta nelle parole del De architectura di
Vitruvio:
<Haec autem ita fieri debent, ut habeatur ratio firmitatis, utilitatis,
venustatis.>
<In tutte queste cose che si hanno da fare devesi avere per scopo la
solidità, l’utilità, e la bellezza.>
L'interessamento alla struttura celata dietro alle grandi opere di
immediata utilità per una comunità in grande espansione spiega la necessità di
un termine il cui significato primitivo è quello di 'costruzione ordinata'. Ed
è forse questa curiosità nei confronti del funzionamento della Natura,
curiosità che accomunava sicuramente il circolo di uomini attorno agli
Scipioni, a fungere da ponte e da premessa per l'incontro con il pensiero
filosofico della vicina Grecia che dal canto suo tanto aveva maturato in
termini di riflessione attorno alla 'Struttura' della realtà, dalla ricerca
dell'archè il cui epicentro fu la regione della Ionia al Mondo delle Idee
teorizzato da Platone. La filosofia nasce con l'intento di ragionare attorno
all'essenza del reale, ed è rappresentativo in tal senso il percorso dell'uomo
dalla caverna in cui si trovava costretto verso la liberazione dalle catene
dell'opinione e l'approdo alla contemplazione della luce del sole, della
verità filosofica. Una ricerca che a partire dall'antica Grecia vedrà i
pensatori divisi nei secoli, tra chi riterrà di poter svelare, spiegare e
descrivere razionalmente la struttura delle cose e chi, cambiando radicalmente
prospettiva, si domanderà se per poterla comprendere non si dovrebbe piuttosto
decifrare prima di tutto la struttura del mezzo attraverso cui la conosciamo,
ovvero quel filtro grazie alle cui categorie interpretiamo i fenomeni
attorno a noi, un’immagine del nostro cervello che Schopenhauer elaborò in
seguito alla lettura dei testi kantiani e che è da me condivisa: ciò che si
cela oltre, la Realtà ,rimane noumeno, impalpabile, ma anche ciò che sta al di
sotto di questo filtro è noumeno, fintanto che la struttura del rapporto di
tali categorie con la nostra coscienza non sarà chiaro. E su queste note si
aprirà quel lungo scontro tra la fiducia positivistica e i dubbi scatenati
dalle sconcertanti scoperte di inizio novecento, primo fra tutti l'inconscio.
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