sabato 13 giugno 2020

Sintesi finale e mappa per orientarsi nel blog

L'intento di questo blog è quello di mostrare come la riflessione intorno al concetto di Struttura riveli la profonda interconnessione esistente tra la Filosofia e l'Ingegneria, e di come una disciplina non possa fare a meno dell'altra.
Alle radici del concetto di struttura (Alle radici del concetto) vi è, tra le altre (Un abbecedario), quello di essenza, la ricerca della quale lega indissolubilmente le figure degli uomini di scienza e tecnica e dei filosofi, entrambi figli di un pensiero occidentale cui Socrate diede inizio, avviando maieuticamente i suoi discepoli sulla strada della conoscenza, invitandoli a porsi un eterno 'τί ἐστί;' (che cos'è?) di fronte alla struttura nascosta del cosmo e dell'uomo che tanto stupore (θαυμάζειν) destavano in loro. Esemplari sono lo sguardo di Leonardo da Vinci (Lo sguardo di Leonardo) nei confronti della natura e, molti secoli dopo, le intuizioni di quella che è considerata la prima programmatrice della storia, l'incantatrice di numeri, Ada Lovelace (Una struttura per il pensiero: la macchina analitica di Charles Babbage); per la prima volta si cercò di comprendere il funzionamento del ragionamento umano per poterlo tradurre in passaggi operativi che una macchina potesse svolgere in autonomia, un progetto che culminerà in anni recenti con l'invenzione delle reti neurali (La struttura del pensiero e le reti neurali). 
In Oriente invece le molteplici suggestioni che il termine struttura evoca vengono immortalate, come solo un disegno può fare, nella chiarezza immediata degli ideogrammi e, alla base del concetto, vi è quella di ordine e stabilità, rappresentata dalla trama intricata di radici di alberi millenari (etimologie a confronto: Oriente e Occidente).
Ma la struttura è un concetto polisemico e non si ferma a questa  prima interpretazione di essenza; l'idea di un 'insieme strutturato' ha pervaso la riflessione filosofica di tutti i secoli, a partire dalle onnicomprensive visioni cosmogoniche proposte dal mito (La risposta mitica alla struttura del cosmo), all'Iperuranio platonico (La struttura intellegibile dell'Iperuranio) e infine all'ordine universale dantesco (L'ordine divino universale). Ammettiamo che la "struttura" sia un insieme, le parti di questo insieme e i rapporti di queste parti tra loro; che sia un sistema in cui tutto è connesso, il tutto connesso e il sistema delle connessioni. Ecco che emergono già due aspetti della nozione "struttura": essa è l'oggetto in quanto strutturato o è l'insieme di relazioni, che strutturano l'oggetto ma che sono astraibili dall'oggetto?
Risponde Aristotele, il padre della riflessione strutturale, il quale usa tre termini per definire un arrangiamento organico: morfé, la forma fisica esterna al soggetto, l'eidos ovvero l'idea, la forma e l'ousia in cui si sostanzia (Il padre della riflessione strutturale). Ma a differenza di Platone (Mondo delle Idee), dove è più reale della cosa concreta, qui l'eidos non sta "fuori" dell'oggetto: si compone con la materia per dare origine al sinolo e difficilmente può essere definito prescindendo dalla materia in cui si sostanzia, di cui è forma.
Ed è su questa oscillazione tra struttura come modello strutturale(ossatura intellegibile) e come oggetto strutturato che ho condotto la ricerca presente nel blog. Ad un primo sguardo, il concetto di struttura come oggetto strutturato, frutto della tecnica, si ritrova nei grandi progetti dell'ingegneria, si pensi ai grandi acquedotti romani (Parole, storie di popoli), alla Tour Eiffel (La torre in ferro alta trecento metri) o dietro a un'idea come quella che portò all'invenzione della LEGO, che permise alle giovani menti di dare forma, con un atto di poiesis, alle strutture create dalla loro immaginazione, o di ricreare con un atto di mimesi quelle osservate dai loro occhi (A structure for your imagination). 
La struttura come modello strutturale si ritrova invece nelle visioni sistemiche e strutturate del reale che mirano a considerare nell'ottica di un sistema i fenomeni fisici (Teoria dei sistemi) e non solo, in quanto nel corso del Novecento, a partire dalla linguistica, il fenomeno dello Strutturalismo riguardò diversi campi del sapere, dalla psicanalisi, alla sociologia, al marxismo, alla critica letteraria, dietro ai quali si pensava esistessero delle strutture atemporali e conoscibili. Non bisogna però dimenticare che un tale approccio strutturalista, gerarchico e sistematico al reale avviene in un'ottica che è tutta occidentale, la cui tradizione è quella di un'Ontologia che non muta, non diviene, lontana dal pensiero orientale di cui Francois Jullien fece notare gli "scarti" rispetto all'Occidente, e nei quali ho intravisto la possibilità di una nuova etica per l'Occidente (L'etica dello scarto destrutturato); astrarre da ogni situazione, che è tale in quanto situata nell'attimo presente, un modello che al contrario è fuori dal tempo, impedisce alla mente di 'posizionarsi sulla soglia', distaccarsi da un modello che può finire con l'essere eccessivamente generico, e impedirle di incontrare l'alterità, la quale può esulare dalle catene di causa-effetto immaginate. 
La Natura è infatti un meccanismo cieco regolato da catene consequenziali volte alla conservazione di sé (Leopardi: struttura deterministica della Natura?) o un sistema complesso in cui anche solo il battito d'ali di una farfalla può scatenare un uragano?(Chaos Theory). Da un lato la forza di una tale visione occidentale permise negli anni settanta del Novecento di risvegliare le coscienze della comunità mondiale sulla questione della limitatezza delle risorse terrestri, in quanto, per la prima volta, la visione della Dinamica dei sistemi di Jay Forrester, adottata dal Club di Roma, portò a considerare il pianeta come un sistema di variabili intimamente interconnesse e non come un insieme di variabili senza influenze reciproche(Il sistema Terra e i Limiti allo sviluppo).
Dall'altro lato, un filosofo come Heidegger fa uso del termine Gestell (Das Gestell und die Physis) nel descrivere quella che definisce l'essenza della tecnica, termine che come sottolinea Franco Volpi  significa nell'uso comune della lingua tedesca proprio 'struttura' ed è un termine che ben si adatta a rappresentare ciò che la tecnica rappresenta rispetto alla Natura che, non essendo costruita da alcuno, ha in sé il principio della propria nascita e del proprio perire.
La contemporaneità invece sarebbe condannata all'Oblio dell'Essere, perchè avendo dimenticato che la tecnica è solo una delle modalità di rapporto con l'Essere e che la natura, phusys, non è 'puro fondo', essa considera anche se stessa come puro fondo con cui fare ciò che si vuole.
Questa cosiddetta struttura della soggettità sarebbe cominciata con l'introduzione della metafisica platonica che avrebbe diviso con la dottrina dei due mondi il mondo vero da quello apparente, condannando questo ad essere ente. E l'uomo allora sarebbe giustificato nel suo progetto di padroneggiamento conoscitivo e operativo.
E' questa dimenticanza a mio parere ad essere avvertita in tutta la sua gravità dal movimento antitecnologico trattato da Samuel Florman ne 'The Existential Pleasure of Engineering', ma ciò non significa che l'ingegneria debba essere denigrata come è stato fatto. La nuova consapevolezza auspicata da Heidegger infatti potrà diventare terreno d'incontro tra queste due realtà apparentemente contrastanti, Techne e Phusys e costituire una sfida per l'ingegneria del futuro che, come realizzarono ingegneri come Vilfredo Pareto e Filippo Burzio, non può disinteressarsi al contesto umano e sociale a cui sono indirizzate le proprie opere. Un esempio di questa nuova consapevolezza è dato dai progetti dell'architetto Vincent Callebaut volti a realizzare strutture organiche e biomimetiche per rinaturalizzare le nostre città e creare degli ecosistemi urbani integrati (L'Archibiotica, l'architettura del futuro).
Ritornando all'oscillazione iniziale tra le due grandi intepretazioni del concetto di "struttura" come oggetto strutturato o modello strutturale, resta aperta la domanda: l'eidos aristotelico, ovvero la struttura intellegibile della sostanza, a cui ora mi riferirò semplicemente come "forma", è un 'dato' o un 'posto', la trovo nella cosa o lo applico alla cosa per renderla intellegibile? La forma è nella cosa o nella mente di chi osserva la cosa?
In tal senso la letteratura offre esempi su cui riflettere. Il celebre Flatland, a Romance of Many Dimensions di Edwin A. Abbott postula l'esistenza di infinite dimensioni oltre a quella in cui siamo confinati (Come la letteratura interpreta la realtà) e il film "The Matrix" porta a domandarsi cosa significhi realtà. Ed è sulla scia del cambio di prospettive iniziato da Kant - il quale realizzò l'importanza della prospettiva nel processo di conoscenza facendosi iniziatore di quella Rivoluzione Copernicana della conoscenza (che pose al centro del processo cognitivo il soggetto con la propria mente e non più l'oggetto)- che penso che per comprendere la realtà intorno a noi sia in primis necessaria una comprensione più profonda della struttura del nostro pensiero, interfaccia con tutto ciò che è esterno e altro da noi. E la letteratura costituisce un primo passo in questa direzione, essendo frutto di quella immaginazione che gli autori dell'Enciclopedie ritenevano, al pari della memoria e della ragione, tassello imprescindibile del processo cognitivo. Nel libro 'La fine del Mondo e il Paese delle Meraviglie' Haruki Murakami si avventura nell'intricato labirinto della coscienza umana e arriva a sfiorare il solipsismo portando il lettore a chiedersi se la realtà stessa non sia un prodotto della nostra mente, simile a un intricato sistema di circuiti informatici tenuti separati da un labile meccanismo facilmente sormontabile. Oltre al circuito cosciente e quello inconscio sarebbe possibile implementarne altri alimentati dal 'nucleo di coscienza', una realtà mentale dentro a ciascuno di noi, inaccessibile ai più, in cui si nasconde la nostra essenza autentica, slegata dalle dimensioni cui siamo abituati a pensare e soprattutto atemporale.
La scoperta di questo meccanismo non solo rivelerà agli uomini la propria essenza, ma impedirà anche che essi finiscano vittime di un sistema che si basa in gran parte sulla persuasione e il controllo di massa, come la pandemia Covid-19 ha mostrato, forti della conoscenza di se stessi, del γνῶθι σαυτόν (La struttura del controllo di massa). Infine permetterà loro di aprire la mente alle verità ultime del reale, a lacerare il Velo di Maya schopenaueriano, un'idea su cui ho basato la serie tv intorno al concetto di struttura, intitolata "L'angelo di Pietra e Ferro".



Per una mappa concettuale del termine "struttura":
https://f270700.blogspot.com/2020/06/step-23-una-mappa-concettuale.html

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