venerdì 24 aprile 2020

Riflessioni di Percorso: Struttura e Natura, Artificiale e Naturale: l'Archibiotica

L'antitesi tra 'struttura' intesa come un artefatto umano il cui principio vitale è alieno ad esso ( si veda il post riflessioni di percorso 1) e 'natura' delineata negli scritti di Heidegger è un tema caro al nostro tempo e pone grandi sfide all'ingegneria del futuro che, come realizzarono ingegneri come Vilfredo Pareto e Filippo Burzio, non può disinteressarsi al contesto umano e sociale a cui sono indirizzate le proprie opere. Fin dall'antichità la Natura ha rappresentato la primaria fonte di ispirazione per le nascenti discipline tecniche, la meccanica e l'architettura le quali procedevano da un'iniziale osservazione di questa per trovarne i canoni da replicare, da riprodurre, dai colonnati dei templi greci alle cattedrali gotiche di Villard De Honnecourt. Vittorio Marchis  in "Ingegneri della divinazione, dagli aruspici agli scienziati del Santa Fé Institute, sotto lo sguardo di Vilfredo Pareto" scrive infatti di quel Michel Foucault che nel suo libro Les mots et les choses(1963) spiega come da una episteme antica dominata dai criteri di "somiglianza" e "similitudine" si passò alla episteme della scienza nuova caratterizzata dal principio della "rappresentazione", dove la misura e l'ordine sono alla base di quella rivoluzione scientifica che Alexandre Koyré definirà nella transizione "dal mondo del pressappoco all'universo della precisione".
E l'ingegneria del futuro guarda proprio in questa direzione, ne sono prova i progetti visionari di Vincent Callebaut, architetto e designer belga che si propone di creare delle strutture organiche e biomimetiche per rinaturalizzare le nostre città e creare degli ecosistemi urbani integrati. Questi vogliono essere una risposta alle esigenze di riduzione dei consumi energetici, conservazione e recupero della biodiversità e limitazione degli effetti dei cambiamenti climatici. Fu egli a coniare il termine Archibiotica fondendo insieme le parole archittetura, vita (βιος) e ICT(Information and Communication Technology) in quanto la produzione sia energetica che alimentare avverrebbe in loco, seguendo un ciclo di autosostentamento. I suoi progetti si ispirano ad alcuni principi ancestrali di visione di fusione totale fra attività umane e naturali ma, al tempo stesso, spingono il pedale dell'ingegnerizzazione sfruttando l'innovazione tecnologica e l'interconnessione.
Di seguito il suo progetto "Paris Smart City 2050" presentato nel 2015 per rendere la città interamente verde:



step #11 Covid-19: La struttura del controllo di massa

Scriveva Hannah Arendt in "Ideology and Terror" che il successo delle ideologie totalitarie è da attribuire al fatto che esse offrivano certezza a una mente umana che, ormai sradicata da un mondo e senso comuni, era assetata soltanto di coerenza, a una mente umana, comunque, che anche in situazioni meno estreme di quelle totalitarie, è ossessionata dal timore di perdersi nelle contraddizioni di cui la realtà è costellata. Ma la "banalità del male" si trova dove è assente la capacità di pensare;
scrive a tal proposito la Arendt:

 "Pensare e ricordare è il modo umano di radicarsi, di affondare le radici, di assumere un proprio posto in quel mondo in cui arriviamo come stranieri. Ciò che comunemente chiamiamo persona, o personalità, in quanto diverso da un semplice essere umano che può essere chiunque, è in realtà ciò che emerge da questo processo di radicamento che è il pensiero. [...]Se qualcuno è un essere pensante, radicato nei propri pensieri e ricordi e per cui sa che deve vivere con se stesso, ci saranno limiti a ciò che permetterà a se stesso di fare. E questi limiti non gli si imporranno dall'esterno ma saranno per così dire autoposti. [...] Ma il male estremo e senza limiti è possibile soltanto dove queste radici sono completamente assenti. Ed esse sono assenti ovunque gli uomini scivolano sulla superficie degli eventi, dove consentono a loro stessi di volgere lo sguardo senza penetrare nella profondità di cui potrebbero essere capaci".

Le riflessioni della Arendt in merito alle cause profonde che determinarono l'insorgere di quella forma politica che lei stessa definì in termini di totalitarismo riprendendo la definizione che Mussolini coniò per il proprio regime in Italia, in netta contrapposizione alla dittatura, in quanto questo mira a investire l'uomo nella sua totalità ottenendone un consenso pieno e non solamente imposto dall'esterno, forniscono uno spunto per riflettere sull'attuale pandemia Covid-19.
La filosofia oggi viene spesso messa in questione, la sua astrattezza è relegata al mondo delle Idee e la sua utilità pratica disconosciuta. Ma in un momento come questo essa si rivela come l'unica via per ritrovare quelle "radici" che secondo la Arendt salverebbero l'autonomia intellettuale degli uomini. D'altro canto i sostenitori della filosofia insistono sul fatto che essa sola sia in grado di formare un pensiero critico, ovvero un pensiero in grado di discernere e dunque comprendere, avvolgendo queste parole in un alone che ha i toni di una sacralità impalpabile e troppo vaga, o almeno questa è stata la mia impressione agli inizi dei miei anni passati di studi classici. Col tempo mi resi conto del significato di quelle parole che erano suonate tanto vaghe, e appresi l'imprescindibilità della filosofia che andava persino oltre l'amore per il sapere e la meraviglia aristotelica, essa era un'attitudine del pensiero, un'attitudine a vagliare criticamente il reale, e capii come quell'astrattezza che veniva denigrata era in realtà la sua forza. Abituando la mente a distinguere il contingente dall'universale, sprona a ricercare di fronte a qualsiasi avvenimento o fenomeno le cause profonde che lo originano, invita a una riflessione che affronti eziologicamente la materia in questione. Spesso infatti l'aitìa tucididea, la causa profonda e remota è distinta dal pretesto, pròfasis, che riguarda appunto il contingente storico. Sorge spontaneo, date queste premesse, il dubbio. Sulla scia del dubbio metodico impiegato da Cartesio, la filosofia spinge oltre alle apparenze.
Arriviamo così a questo delicato momento storico lacerato dalla pandemia del Covid ma non solo, in quanto si intravede all'orizzonte una profonda frattura nata dallo scontro tra due veri e propri "idoli", in quanto chi non si rinosce in alcuno viene etichettato comunque e la paura della pluralità emerge da questa convinzione che non ci possa essere alcuna altra posizione: i portatori della Verità unica e inconfutabile e gli spargitori di fake news. Nell'epoca dell'interconnessione ci ritroviamo soli e spaesati, e per la prima volta, confinati nelle proprie camere possiamo osservare in tempo reale la censura di articoli che fino alla mattina stessa erano disponibili sul www. Con il pretesto, tanto nobile a un primo sguardo, di arginare menzogne e disinformazione e il rischio di una gestione sbagliata della pandemia in nome del bene collettivo, tante voci sono state censurate in quanto ritenute 'fake news' quando forse, se sottoposta a un'analisi più attenta non erano altro che opinioni contrarie. Medici radiati, giornalisti censurati, un avvocato tedesco allontanato con forza dalla propria abitazione.
La filosofia ci risveglia dalla nostra condizione di gettatezza e ci porta a osservare lucidamente la situazione in atto da una prospettiva altra, nel senso di esterna, ed estranea, nel senso di libera da pregiudizi di parte. L'interconnessione coi suoi molteplici vantaggi, tra cui quello di poter continuare i propri studi persino nel mezzo di una pandemia, avviene su una piattaforma in cui il dialogo critico cessa di essere dialogo in quanto la libertà di espressione viene minata da una censura unilaterale che non permette alcuna forma di argomentazione. Essa è portatrice della Verità e al tempo stesso giudice di questa. I quattro pilastri GAFA (Google, Amazon, Facebook, Apple) di cui Franklin Foer ha tracciato la storia dalle origini in "World Without Mind" mostrano in occasione di questa pandemia pareri perfettamente in linea a quelli di molti governi e a essere in gioco da un punto di vista sovrastorico sono le nostre libertà fondamentali, in particolare di espressione. Un dialogo unilaterale cessa di essere incontro (dià) tra discorsi (lògoi) e diventa indottrinamento. La filosofia rimane allora l'unica difesa da opporre e "γνῶθι σεαυτόν"(gnōthi seautón: conosci te stesso), l'insegnamento che recava scritto il tempio di Apollo a Delfi diventa un invito a riflettere a proposito della mente umana. Per preservare la libertà intellettuale diventa necessario diventare consapevoli dei propri limiti e debolezze, di quale possa essere in una situazione del genere la struttura di un controllo di massa e i modi in cui la psiche umana e la capacità di giudizio possano essere manipolate. Avendo perso la fiducia nei mezzi di informazione, mi rivolgo alla realtà locale del vicinato per vedere quale sia la disposizione d'animo nei confronti di questa situazione e la paura è il sentimento prevalente. Da questa si origina un clima di ostilità e odio da 'caccia agli untori' che aleggia nell'aria e si concretizza nelle testate dei giornali dove si legge che il numero di delazioni sono in aumento. Il terrore secondo la Arendt era, accanto all'ideologia, l'essenza del potere totalitario, e per questo dovrebbe essere gestito con cautela. Il modo in cui i bollettini quotidiani sul numero di decessi vengono presentati ogni giorno non sembrerebbe però tendere in questa direzione. 
Più sottile è l'opera di convincimento operata attraverso il bombardamento continuo di notizie a tinta unica, la censura e il fatto che il suo uso non venga contestato apertamente, perlomeno sulle grandi testate. La riflessione orwelliana nel celebre romanzo 1984 sottolinea come la realtà e il passato risiedano oltre che nei documenti scritti alla portata di tutti, nella mente umana e solamente in essa. "What is nameless is unimaginable" scrive Orwell a proposito dell'invenzione di un linguaggio nuovo, il cui vocabolario ristretto avrebbe eliminato ogni associazione che avrebbe potuto portare alla formulazione di un pensiero in contrasto a quello dominante, ma penso che questo si possa estendere al voluto oscuramento di fonti attendibili la cui consultazione può offrire un punto di vista differente e il cui contenuto può rivelarsi indispensabile al bene collettivo. Il linguaggio e la sfera dell'emotività possono così diventare oggetto di manipolazione attraverso forme di persuasione che sfruttano i tratti prerazionali della natura umana e questa pandemia sta mostrando, come mai è stato possibile, i lati d'ombra che un'umanità senza lo spirito critico coltivato dalla filosofia si trova a vivere inconsapevolmente, di fronte alle tante potenzialità, positive e negative, offerte dal mondo informatico. 
Recitava il coro dell'Antigone di Sofocle a proposito dell'ingegno umano:

"Padrone assoluto  
dei sottili segreti della tecnica,  
può fare il male quanto il bene"
(traduzione di  M.G. Ciani)

venerdì 17 aprile 2020

step #10 La struttura nascosta: The Matrix


  
"This isn't real?"
   "What is real?How do you define "real"?If you're talking about what you can feel, what you      can smell, taste and see then "real" is simply electrical signals interpreted by your brain"
  




sabato 11 aprile 2020

step #09 A contemplazione della struttura dell'Universo:Cenotafio per Newton

Etienne-Louis Boullée, Progetto di un Cenotafio per Isaac Newton, 1784. Sezione con effetto diurno. Inchiostro, 398x650 mm. Parigi, Biblioteca Nazionale.

 Un viaggio virtuale e musicale all'interno del Cenotafio per Newton



Questo progetto mai realizzato che voleva essere un omaggio all'eroe della nuova cosmologia, Isacco Newton, rappresenta la sintesi degli ideali dell'architetto rivoluzionario e pittore Etienne-Louis Boullée: la vastità dell'Universo è suggestivamente evocata dalla monumentalità e razionalità neoclassica di una struttura sferica che rappresenterebbe un modello in miniatura del cosmo che avrebbe ospitato le spoglie del teorizzatore della legge di gravitazione universale. Quest'opera rientra in quella che è stata definita Architettura Rivoluzionaria o Visionaria in quanto alla vigilia della Rivoluzione Francese si diffuse accanto al clima neoclassico generale un'esigenza morale di fondare una nuova società che si basasse sull'antichità classica e perciò l'architettura assunse un'intensa valenza etica, evocativa, utopica, simbolica e visionaria. Boullée influenzato dagli intellettuali illuministi dell'Enciclopedie mirava a trasmettere coi suoi progetti monumentali l'ideale del progresso della civiltà servendosi di forme geometriche pure ed essenziali.
Ogni parte di quello che sarebbe dovuto essere il luogo di sepoltura di Newton riflette le tesi in campo artistico di Boullée contenute nell'Essai sur l'art e tra queste ricordo il rapporto stretto che deve intercorrere tra Natura e Architettura, in quanto l'atto creativo è connesso agli oggeti che percepiamo attorno a noi, il fatto che le forme regolari siano più concordi con la nostra costituzione umana, l'importanza della disposizione delle masse in modo che le loro forme contrastanti producano effetti di luce suggestivi, l'importanza dell'arte di combinare le masse poichè l'effetto finale deve derivare dal tutto e non dalle singole parti, l'idea di movimento che i chiaro e scuri devono suggerire, e infine l'idea di grandezza che le dimensioni colossali trasmettono e che secondo l'autore eccitano l'uomo che in cuor suo nutre il desiderio di poter abbracciare l'universo intero.
A seonda del momento della giornata infatti la ciclopica cavità ospitante il sarcofago di Newton il cui diametro avrebbe superato i 150 metri all'interno del Cenotafio avrebbe offerto visioni cosmiche diverse. Lo scopo era di generare nell'osservatore sensazioni grandiose di fronte a uno spazio che riproduceva il ritmo dell'Universo studiato da Newton. Nelle ore diurne la sfera avrebbe mimato la volta celeste con le sue costellazioni, ottenute mediante il filtraggio della luce attraverso aperture sulla calotta, mentre di notte il complesso avrebbe offerto effetti diurni ricavati per mezzo dell'accensione di un globo sospeso al centro a forma di sfera armillare (modello di sfera celeste inventato da Eratostene di Cirene nel 255 a.C.). Infine il variare della posizione del Sole a seconda dell'ora e della stagione avrebbe riprodotto il mutamento delle costellazioni nel corso della notte e dell'anno.



step #08 Sovrastruttura intellegibile dell'Iperuranio

Platone, scuola di Atene di Raffaello
A conclusione delle riflessioni (post 'Riflessioni di percorso') riguardo a quelli che, secondo Heidegger, sono stati gli inevitabili effetti della Metafisica di Platone, ovvero l'emergere dall'ente di una nuova consapevolezza dell'essere umano di essere portatore di un progetto di padroneggiamento conoscitivo e quindi operativo di tutto ciò che è, mi soffermo nell'analisi della natura di questi due mondi separati e inconciliabili, la cui trattazione da parte di Platone compare in particolare nella Repubblica e nel Fedro. A parere del filosofo novecentesco questa separazione del mondo intellegibile da quello sensibile avrebbe segnato l'inizio di una lunga tradizione metafisica che giunge fino a Nietzsche e all'epoca della Tecnica e che avrebbe in qualche modo legittimato il dominio dell'uomo su una Natura che è ridotta a 'ente'. L'Essere infatti non sarebbe che oggetto di reminiscenza da parte di alcune anime umane, quelle che in origine riuscirono a contemplare al di là del cielo le Idee pure. La dimenticanza dell'Essere, l'Oblio dell'Essere allora è forse stato provocato dalla convinzione della cultura occidentale, erede diretta dell'episteme greca, che esso risieda altrove, lontano dalla portata dei nostri sensi. La Natura non è che imitazione di una controparte perfetta e, come tale, è resa oggetto del dominio umano, conoscitivo e manipolativo. Una tale divisione verrà ripresa, dopo il neoplatonismo, dalla lunga tradizione cristiana, ma questa è un'altra storia che comunque serve a sottolineare il concetto.
Platone espone la dottrina dei due mondi a più riprese nei suoi Dialoghi, essendo essa centrale al suo pensiero: nel libro decimo della Repubblica, nel corso di un dialogo tra Glaucone e Socrate, si riflette su cosa sia la Verità in contrasto con l'imitazione che è propria di arti come la poesia, la tragedia, la pittura.

«Prendiamo anche ora un oggetto qualsiasi tra i tanti. Ad esempio, se ti va bene, esistono molti letti e molti tavoli». 
«Come no?»
 «Ma questi oggetti si possono raggruppare in due idee, quella di letto e quella di tavolo».
 «Sì».
 «E non siamo anche soliti dire che l'artefice di ciascuno dei due oggetti guarda all'idea per fabbricare l'uno i letti, l'altro i tavoli di cui noi ci serviamo, e lo stesso vale per ogni altro oggetto? Nessun costruttore infatti realizza l'idea in sé: come potrebbe?»

Dunque l'imitazione realizza apparenze, non dotate di alcuna realtà effettiva e molteplici, in quanto copie delle Idee, uniche e immutabili. E nelle seguenti battute, tratte dal dialogo, tali affermazioni vengono argomentate con l'arguzia tipica del Socrate platonico, instillatore di dubbio.

«Ma se non realizza l'essenza, non potrà creare la realtà, bensì solo qualcosa che assomiglia alla realtà, ma non la è; e chi dicesse che l'opera del costruttore di letti o di un altro artigiano è compiutamente reale non correrebbe il rischio di non dire il vero?» 

«Ben conscio di questo, penso, il dio, volendo essere il reale creatore di un letto reale, non un costruttore qualsiasi di un letto qualsiasi, lo creò per natura unico».  

«Vuoi dunque che lo chiamiamo naturale creatore di questo oggetto, o con un termine simile?» «è giusto», rispose, «perché ha creato questa e ogni altra cosa secondo natura». 
«E il falegname? Non lo chiameremo artefice del letto?» «Sì». 
«E non chiameremo anche il pittore artefice e creatore di quest'oggetto?» «Nient'affatto! ». 
«Ma allora quale rapporto avrà, secondo te, con il letto?» «Mi sembra», rispose, «che la definizione più appropriata sia questa: imitatore dell'oggetto di cui gli altri due sono artefici».  

Ma la dicotomia tra questi due mondi spiegherebbe a parere di Platone le inclinazioni, seppur a livelli diversi, dell'animo umano verso qualcosa che egli sente trascenderlo, la cui natura rimane celata e inafferrabile. L'anima umana infatti potè contemplare alle proprie origini la sovrastruttura del reale, ovvero il mondo delle Idee, e in quanto immortale e quindi eterna, essa è la parte dell'uomo a essere simile alla sostanza di quel mondo. Entrambi infatti hanno in se stessi il proprio principio motore e non essendo mossi da cosa esterna, sono origine del proprio movimento e per questo non possono cessarlo. Essendo dotata di ali, l'anima potè levarsi al cospetto degli dei e dalla loro prospettiva lanciare lo sguardo oltre il cielo, ma, non riuscendo sempre a tenere dietro al proprio dio, riempitasi di oblio e ignavia a causa del proprio peso cadde in terra e trovò albergo in un corpo sensibile con una particolare propensione e carattere a seconda del tempo che passarono a rimirare le Idee. A seconda del grado di percezione e sensibilità un'anima può ricordare quest'antica visione e non appena ritrova in terra una copia di essa, la venera come un dio. Esempio portato nel Fedro da Platone è il caso in cui un'anima che abbia contemplato la Bellezza, somma tra le idee, riesca a riconoscerla in quanto la vista è la più vivida tra le sensazioni umane. L'anima allora, ricavuto attraverso gli occhi il flusso della bellezza, prende calore là dove la natura dell'anima si abbevera e germoglia. Questo è l'effetto di Eros che i mortali non a caso, riporta Platone, chiamano Eros alato e gli immortali Pteros, perchè fa crescere le ali. L'anima riconoscendo le copie di quelle Idee sovrasensibili si avvicina alla loro perfezione e solo in un al di là, liberatasi dalle catene del corpo, potrà contemplarle nella loro purezza. In conclusione alla descrizione nel Fedro della biga alata condotta da un auriga che si trova a dover mediare tra i temperamenti opposti dei propri destrieri, l'uno attratto dal mondo sensibile e l'altro dal mondo perfetto delle Idee, Platone accentua la dicotomia esistente tra queste due dimensioni, la struttura sensibile del reale e la sovrastruttura immateriale e eterna del mondo delle Idee:
[...]uno, al vedere la bellezza di quaggiù, ricordandosi della vera bellezza mette nuove ali e desidera levarsi in volo, ma non essendone capace guarda in alto come un uccello, senza curarsi di ciò che sta in basso, e così subisce l'accusa di trovarsi in istato di mania: di tutte le ispirazioni divine questa, per chi la possiede e ha comunanza con essa, è la migliore e deriva dalle cose migliori, e chi ama le persone belle e partecipa di tale mania è chiamato amante. Infatti, come si è detto, ogni anima d'uomo per natura ha contemplato gli esseri, altrimenti non si sarebbe incarnata in un tale vivente. Ma ricordarsi di quegli esseri procedendo dalle cose di quaggiù non è alla portata di ogni anima, né di quelle che allora videro gli esseri di lassù per breve tempo, né di quelle che, cadute qui, hanno avuto una cattiva sorte, al punto che, volte da cattive compagnie all'ingiustizia, obliano le sacre realtà che videro allora. Ne restano poche nelle quali il ricordo si conserva in misura sufficiente: queste, qualora vedano una copia degli esseri di lassù, restano sbigottite e non sono più in sé, ma non sanno cosa sia ciò che provano, perché non ne hanno percezione sufficiente. Così della giustizia, della temperanza e di tutte le altre cose che hanno valore per le anime non c'è splendore alcuno nelle copie di quaggiù, ma soltanto pochi, accostandosi alle immagini, contemplano a fatica, attraverso i loro organi ottusi, la matrice del modello riprodotto.

Riflessioni di percorso: das Gestell und die Physis

Il termine struttura è polisemico e i concetti racchiusi in questo termini sono polivalenti, come emerge dalle ricerche etimologiche del termine (step 1, step 1bis, step 2, ), per questo ho voluto sviluppare il contenuto di questo blog in una particolare direzione che ivi chiarisco. Il termine racchiude, a mio avviso, quella che considero essere l'essenza profonda delle due discipline che ho scelto di approfondire nel mio percorso di vita e di studi, l'ingegneria e la filosofia, l'una espressione del ragionamento applicato e l'altra di quello critico: la ricerca di una comprensione della struttura che costituisce e rende tali gli enti intorno a quell'essere cosciente che è l'essere umano. Obiettivo del mio percorso di studi è quello di arrivare a comprendere i meccanismi della mente e della coscienza umana, ricostruendone la struttura a ritroso, e per questo ho scelto come campo di indagine quello dell'Intelligenza Artificiale che, accanto alle neuroscienze, penso possa aiutarmi in questa direzione. Lo spirito che anima l'ingegnere è lo stesso del filosofo e la meraviglia aristotelica provata di fronte ai suoi studi lo spinge a riprodurne la struttura armoniosa in un artefatto per di più utile per la società intera. Ma la polisemia di questo termine mi spinge ad aggiungere al filone principale di questa mia interpretazione riflessioni scaturite nel corso di queste lezioni di filosofia dell'ingegneria.
Il filosofo Heidegger infatti, citato a proposito della questione della Tecnica, fa uso del termine Gestell nel descrivere quella che definisce l'essenza della tecnica, termine che come sottolinea Franco Volpi significa nell'uso comune della lingua tedesca proprio 'struttura':
Brillen Gestell, montatura di occhiali, Fahrad Gestell, telaio di bicicletta;
questa parola indica una struttura intesa come impianto che ha il carattere particolare di essere un qualcosa costruito dall'uomo, un artefatto che funge da struttura portante di qualcosa. Esso è un termine che ben si adatta a rappresentare ciò che la tecnica rappresenta rispetto alla Natura che, non essendo costruita, ha in sé il principio della propria nascita e del proprio perire, come illustrato nell'esempio aristotelico del legno di un albero, animato da un proprio ciclo vitale, in contrapposizione a quello di un letto, impianto, struttura. Inoltre la parola si compone della radice -stell "porre" che concorre a formare composti che formano il 'mondo della tecnica', come produrre(Herstellen), rappresentare(Forsetellen) e ordinare(Bestellen).
'Mondo della tecnica' è un'espressione che in Heidegger, prima di essere una critica nel senso spregiativo del termine, è un tentativo di comprensione lucida (krinein) dell'essenza del mondo contemporaneo. Mi soffermo su di essa perchè l'idea di artificialità connessa a tutto ciò che è struttura, che è artefatto tecnico, è un'idea che sta alla base del movimento antitecnologico cominciato negli anni 50 del Novecento e che ha segnato, secondo Samuel Florman, l'inizio del declino dell'età d'oro dell'ingegneria. Gli argomenti utilizzati contro il mestiere di ingegnere dal movimento antitecnocratico si richiamano proprio a un ideale di vita a contatto con la spontaneità della Natura, libero dal controllo pervasivo e alienante della Tecnologia con la t maiuscola, che avrebbe assunto una sua esistenza autonoma. Sono argomenti profondi e sinceramente sentiti che pongono noi ingegneri e futuri ingegneri di fronte a un monito, monito che Heidegger riporta in tutta chiarezza nei testi 'La questione della tecnica' e 'Che cos'è la Metafisica?'.
La tecnica non è qualcosa di ontologicamente negativo, infatti accanto al linguaggio e all'arte costituisce una delle modalità che l'uomo ha per relazionarsi con l'Essere, una modalità che si relaziona manualmente e operativamente ad esso. Al contrario dell'uomo contemporaneo però, che Heidegger colloca dall'età platonica a quella nietzschiana, i presocratici interpretavano l'Essere alla luce di un'illuminazione momentanea di un fulmine provocata da un rapporto di tipo estatico con ciò che è e ciò che chiamavano techne comprendeva sia le belle arti sia il sapere tecnico, poichè entrambe mettono al mondo qualcosa sulla base di quell'illuminazione momentanea ( Federico Sollazzo). La contemporaneità invece è condannata all'Oblio dell'Essere, perchè avendo dimenticato che la tecnica è solo una delle modalità di rapporto con l'Essere e che la natura, phusys, non è 'puro fondo', essa considera anche se stessa come puro fondo con cui fare ciò che si vuole. Questa cosiddetta struttura della soggettità sarebbe cominciata con l'introduzione della metafisica platonica che avrebbe diviso con la dottrina dei due mondi il mondo vero da quello apparente, condannando questo ad essere ente. E l'uomo allora sarebbe giustificato nel suo progetto di padroneggiamento conoscitivo e operativo. E' questa dimenticanza a mio parere ad essere avvertita in tutta la sua gravità dal movimento antitecnologico, ma ciò non significa che l'ingegneria debba essere denigrata come è stato fatto. La nuova consapevolezza auspicata da Heidegger potrà diventare terreno d'incontro tra queste due realtà apparentemente contrastanti, Techne e Phusys.
 In conclusione riporto le parole del filosofo Daniel Callahan:
"At the very ouset we have to do away with a false and misleading dualism, one which abstracts man on the one hand and technology on the other, as if the two were quite separate kinds of realities. I believe that there is no dualism inherent here.[...] We should recognize when we speak of technology, this is another way of speaking about man himself in ONE of his manifestations."

lunedì 6 aprile 2020

step #07 L'ordine divino universale: la visione dantesca

E' solo nella terza cantica della Divina Commedia, il Paradiso, che Dante giunge alla contemplazione dell'ordine divino che regola l'Universo  e sono le parole della sua guida benevola a rivelargli come in quest'ordine le creature razionali riconoscano il segno della presenza divina, fine ultimo a cui è subordinato l'ordine stesso. Questa struttura armoniosa vede le cose create vertere in condizioni disparate, a diversi livelli di distanza da Dio, e tendere verso fini diversi a seconda del particolare istinto che le guida: è questo istinto a portare Dante e Beatrice verso il cielo Empireo, luogo per essi prestabilito. E la poesia, vertice sublime della potenza espressiva umana, ci parla da sé:


La novità del suono e ‘l grande lume
di lor cagion m’accesero un disio
mai non sentito di cotanto acume.                                 84

Ond’ella, che vedea me sì com’io,
a quietarmi l’animo commosso,
pria ch’io a dimandar, la bocca aprio,                           87

e cominciò: «Tu stesso ti fai grosso
col falso imaginar, sì che non vedi
ciò che vedresti se l’avessi scosso.                              90

Tu non se’ in terra, sì come tu credi;
ma folgore, fuggendo il proprio sito,
non corse come tu ch’ad esso riedi».                           93

S’io fui del primo dubbio disvestito
per le sorrise parolette brevi,
dentro ad un nuovo più fu’ inretito,                                 96

e dissi: «Già contento requievi
di grande ammirazion; ma ora ammiro
com’io trascenda questi corpi levi».                              99

Ond’ella, appresso d’un pio sospiro,
li occhi drizzò ver’ me con quel sembiante
che madre fa sovra figlio deliro,                                     102

e cominciò: «Le cose tutte quante
hanno ordine tra loro, e questo è forma
che l’universo a Dio fa simigliante.  
                             105

Qui veggion l’alte creature l’orma
de l’etterno valore, il qual è fine
al quale è fatta la toccata norma.
                                   108

Ne l’ordine ch’io dico sono accline
tutte nature, per diverse sorti,
più al principio loro e men vicine;
                                  111

onde si muovono a diversi porti
per lo gran mar de l’essere, e ciascuna
con istinto a lei dato che la porti. 
                                  114

Questi ne porta il foco inver’ la luna;
questi ne’ cor mortali è permotore;
questi la terra in sé stringe e aduna;                            117

né pur le creature che son fore
d’intelligenza quest’arco saetta
ma quelle c’hanno intelletto e amore.                          120

La provedenza, che cotanto assetta,
del suo lume fa ‘l ciel sempre quieto
nel qual si volge quel c’ha maggior fretta;                   123

e ora lì, come a sito decreto,
cen porta la virtù di quella corda
che ciò che scocca drizza in segno lieto.                     126

Vero è che, come forma non s’accorda
molte fiate a l’intenzion de l’arte,
perch’a risponder la materia è sorda,                          129

così da questo corso si diparte
talor la creatura, c’ha podere
di piegar, così pinta, in altra parte;                                132

e sì come veder si può cadere
foco di nube, sì l’impeto primo
l’atterra torto da falso piacere.                                        135

Non dei più ammirar, se bene stimo,
lo tuo salir, se non come d’un rivo
se d’alto monte scende giuso ad imo.                         138

Maraviglia sarebbe in te se, privo
d’impedimento, giù ti fossi assiso,
com’a terra quiete in foco vivo».

Quinci rivolse inver’ lo cielo il viso. 

Sintesi finale e mappa per orientarsi nel blog

L'intento di questo blog è quello di mostrare come la riflessione intorno al concetto di Struttura riveli la profonda interconnessione...