mercoledì 27 maggio 2020

step #18 Nella filosofia contemporanea: lo Strutturalismo

Lo strutturalismo costituì un vero e proprio movimento filosofico fondato sul presupposto che ogni oggetto di studio costituisca una struttura, ovvero un insieme organico e globale i cui elementi, privi  di valore funzionale autonomo, lo assumono nelle relazioni oppositive e distintive di ciascun elemento rispetto agli altri. Esso si sviluppò soprattutto in Francia negli anni sessanta, sostituendosi progressivamente al movimento intellettuale dominante dell'esistenzialismo, ed estese a svariati campi tra cui l'antropologia, la critica letteraria, la pscicoanalisi, il marxismo e l'epistemologia le teorie dello strutturalismo linguistico di Ferdinand de Saussure.
Lo strutturalismo rifiuta il concetto di libertà e scelta umana, concentrandosi invece sul modo in cui l'esperienza e il comportamento umano sono determinati da varie strutture. Per alcuni anni antropologi come C. Lèvi-Strauss, psicoanalisti freudiani come J. Lacan, filosofi marxisti come Althusser e Foucault, critici letterari come Barthes, linguisti come Jakobson, Benveniste e Greimas, sembrano appartenere a una comune area culturale antistoricista, antiumanistica e antiesistenzialista che sostituiva al primato della storia, dell'uomo, della soggettività della coscienza e dell'individuo quello della struttura: invece di comprendere i fenomeni sociali e culturali dall'interno, ricostruendo il loro farsi storico attraverso l'azione consapevole e potenzialmente libera degli individui, gli strutturalisti preferivano trattare il mondo umano come un qualsiasi altro campo di ricerca indagato dalle scienze naturali e scoprire dall'esterno quali relazioni sistematiche e costanti (o strutture) intercorressero tra i fenomeni socio-culturali e dunque entro quali limiti, spesso inconsci, fosse costretta l'azione degli individui.
A tal proposito ricordo il contributo dell'antropologo  Claude Lévi-Strauss in psicologia, in quanto egli, applicando il metodo strutturalista, riteneva che i fenomeni culturali andassero interpretati in riferimento a elementi universali, atemporali e inconsci rappresentanti la struttura fondante d'ogni cultura. Questa visione si ritrova nei suoi studi sulle popolazioni cosiddette “selvagge”, raccolti nelle sue due opere più note al grande pubblico, i classici Tristi Tropici e Il pensiero selvaggio, in cui Lévi-Strauss mette in discussione, partendo da un'analisi di fondo della nozione di cultura come sistema simbolico e semiotico, la presunta superiorità della cultura occidentale, conferendo pari dignità, logicità e rispetto alle cosiddette mentalità primitiva.
claude levi strauss, tristi tropici, saggiatore, antropologia, recensioni

                                       In foto l'antropologo Claude Lévi-Strauss in Amazzonia, 1936

Allo stesso modo lo psicanalista Jacques Lacan scoprì la struttura di linguaggio delle formazioni dell'inconscio grazie al metodo seguito in linguistica da Ferdinand de Saussure e Roman Jacobson.
Tutte le formazioni dell'inconscio, compreso il blaterare in psicoanalisi, hanno struttura di linguaggio, sono pensieri articolati e rispondono a leggi proprie, anche se il soggetto non ha sempre accesso alla comprensione poiché si tratta di un linguaggio cifrato, da decodificare, che si svolge al di fuori del soggetto, ma che lo interessa perché trasporta la sua questione di soggetto.

Jacques Lacan, il pensiero che s'impone - Il Foglio



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